Marchio Igp per la fragola della Basilicata auspici e progetti di un settore in ascesa

Sono passati oltre sessant’anni dall’avvio delle prime produzioni di fragole in Basilicata. Pomacelli, Silletti e Lunati le aziende che per prime,tra i territori di Pisticci e Nova Siri, hanno traghettato quello che oggi può definirsi, a tutti gli effetti, un mercato in continua crescita.

Un mercato che, forte degli ottimi risultati conseguiti, non arresta la propria ascesa, ma aspira al conseguimento di ulteriore valore aggiunto. Il tassello mancante, ancora per poco, stando agli auspici degli attori coinvolti, il riconoscimento del marchio Igp per la fragola di Basilicata.

Il 9 aprile scorso, la riunione di pubblico accertamento svoltasi presso la Camera di Commercio di Matera, per la presentazione del disciplinare di produzione, documento redatto dai tecnici Alsia e discusso tra i membri del comitato promotore, la regione Basilicata e due funzionari ministeriali. «Un iter tanto importante quanto complesso – spiega Salvatore Pecchia, presidente del Comitato promotore – che ha richiesto spirito d’iniziativa e comunione d’intenti da parte delle associazioni di categorie, nonché del mondo della cooperazione, senza dimenticare le nove realtà comunali dei territori citate nel disciplinare».

Il passo successivo è stata la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e, trascorsi i canonici trenta giorni per l’eventuale presentazione di opposizioni, la palla passerà alla Commissione europea, per l’approvazione definitiva. Un traguardo da raggiungere cautamente, un passo alla volta, il cui percorso comincia nel giugno del 2022 con la nascita del Comitato promotore fragole di Basilicata Igp, costituito da tutte le organizzazioni di produttori che operano nel settore lucano (Asso Fruit Italia; Apofruit Italia; Primosole; Ancona; Agricola Felice; Athena; Agorà; Terre della Luce; FruttheraGrowers).

«Siamo convinti che il conseguimento del marchio Igp possa tradursi nel giusto riconoscimento non solo al lungo lavoro fatto di ricerche, integrazioni storiche, tecniche ed economiche, ma soprattutto alla specializzazione elevata che i nostri produttori hanno raggiunto nel corso dei tanti anni di cura e coltivazione della coltura della fragola in Basilicata» aggiunge Pecchia.

A riconsegnarci il quadro complessivo di quella che si inscriverebbe, effettivamente, come la ciliegina sulla torta di un settore in ottima salute, ci pensano i numeri che fanno della Basilicata la prima regione italiana per produzione, con l’impiego di 1150 ettari. Un comparto che impiega per la raccolta e la gestione nei campi ben 12mila addetti per un totale di 500mila giornate di lavoro. Il fatturato è pari a 130 milioni di euro annui, il 22% del Pil agricolo lucano.  A dimostrazione di ciò gli stessi mercuriali dell’oro rosso lucano, che ne fanno la fragola “meglio” venduta lungo tutta la penisola.

«Possiamo certamente affermare che tali risultati sono figli non solo della qualità e naturale bontà di un prodotto ormai ampiamente apprezzato dai consumatori, ma anche e soprattutto dell’impegno di tutti quei produttori di fragole, due terzi dei quali lavorano nel settore aggregato, che non hanno mai smesso di guardare al futuro, in termini di tecniche colturali, innovazione agricola e cooperazione».

La dimostrazione di come la fragola possa divenire a tutti gli effetti un vero e proprio traino non solo e più specificatamente dell’economia agricola bensì della più ampia compagine regionale potrebbe risiedere nella capacità di affiancare ad essa la grande opportunità del turismo gastronomico. Farne, dunque, un vero e proprio attrattore territoriale, oltre che una già apprezzata eccellenza culinaria.

Lungo tale direttrice corrono le tante iniziative di valorizzazione e promozione del frutto, tra questa, la appena trascorsa Sagra della Fragola, alla sua seconda edizione, svoltasi a Scanzano Jonico lo scorso 29 e 30 aprile. Protagonista indiscussa, la gastronomia, con le fragole regine di piatti regionali nella loro rivisitazione gourmet, dalla piadina al baccalà.

«Incuriosire e far appassionare coloro che ancora non conoscono questo prodotto, avvicinandoli con esso alla nostra meravigliosa terra; oltre che, ovviamente, proseguire il nostro percorso di innovazione e ricerca in campo agricolo. Questo è ciò a cui tendiamo – conclude Pecchia – auspicando che il riconoscimento del marchio Igp possa iscriversi all’interno di questo circolo virtuoso, senza comunque mai essere letto come un punto d’arrivo, ma l’ennesimo punto di partenza per continuare a crescere assieme».

 

Simona Pellegrini